25 febbraio 2007

Il mondo è nato; fallo durare, vento, nel tuo soffio!

Che il cielo puro mi mandi sul viso
- Questo cielo spazzato da lunghe nubi –
Un vento così forte, profumato di gioia,
Che tutto nasca, mondato dai sogni:

Per me nasceranno le umane città
Che un soffio puro ha pulito da brume,
I tetti, i passi, i gridi, i cento limi,
Rumori umani, quanto consuma il tempo.

Nasceranno i mari, l’ondeggiante barca,
Il colpo di remo e i fuochi della notte;
Nasceranno il campo, il giavellotto lanciato;
Nasceranno le sere, stella che a stella segue.

Nasceranno il lampo e le ginocchia chine,
L’ombra, l’urto alle svolte della miniera;
Nasceranno le mani, i duri metalli rotti,
Il ferro morso nell’urlo della macchina.

Il mondo è nato; fallo durare, vento, nel tuo soffio!
Ma esso muore coperto di fumo.
M’era nato in uno squarcio
Di pallido cielo verde tra le nubi.

Simone Weil, Lampo

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24 febbraio 2007

pali pendant



mi è piaciuta proprio l'idea di francesco!
ecco la mia proposta...
valentina

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Il miracolo di Gianni Peyla

Miracolo! Gianni Peyla s’“illumina” e inizia ad ammettere l’errore e l’orrore dei 900 lunghi pali neri che il suo assessorato ha donato alla città. Potremmo colorarli e trasformarne almeno la metà in lampioni, questa la risposta alla critica montante. Che inventiva! Che sagacia! Dice di farli “beige” per meglio “digerirli”(!?) e per confonderli con la facciata dei palazzi. Un color ‘finto pietra’, stando attenti alle virate paglierine del ‘lecciso’ certamente sarebbe molto più elegante e la città avrebbe così 900 obelischi! Che attrattiva turistica!
Ma perché non ci hanno pensato prima? Perché i signori di Palazzo Carafa tardano sempre ad imparare le regole della progettazione? Perché non imparano a valutare con studi di fattibilità l’impatto che le loro invenzioni hanno sulla città? Questo permetterebbe di evitare danni e sperpero di denaro. Prendete gli alberi del viale degli studenti, da lor signori ri-costruito: sembra non siano quelli adatti e che soffrano, vanno sostituiti. Ma che volete che se ne freghino, adesso per far andare il filobus dovranno tagliarne degli altri, hanno detto al wwf, avvertito per l’occasione; ma solo quei pini brutti e storti che intralciano l’avanzare della modernità, tutti gli altri avranno frequenti potature. Per concludere consiglio un colore ‘azzurro cielo’ per la caveria della metropolitana di superficie così da confonderla con il cielo, così i leccesi potranno guardarlo senza l’impressione d’essere in gabbia!

mm

...perché farli beige e invece non con delle texture fantasy?
Decora il palo nero!
Francesco Maggiore - bigSur

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19 febbraio 2007

fleurs

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16 febbraio 2007

Pali e cavi neri

Viene da chiedersi se il nostro sindaco e suoi uomini camminino per le strade della città. E subito dopo la domanda è …cosa pensano? Riflettono sulle scelte che compiono? Sono mai presi dallo sconforto per i disagi ed i danni che il loro operare provoca?
Cosa provano guardando la selva di pali neri (moderni littori dell’elettrificazione) che ormai contorna il centro cittadino?
Una vera foresta di metallo che si sommerà presto al fitto reticolato della caveria di alimentazione della metropolitana di superficie che già si può ammirare in atto appena fuori della stazione ferroviaria, sul nuovo grande rondò della Questura, su viale Gallipoli e su altri importanti nodi viari interessati. Una vera iattura per una città che non ha larghi boulevard, che vedrà sfoltite le chiome dei pochi alberi cui è dato d’esistere e che dovrà avviare una difficile convivenza con un ridimensionamento delle sue abitudini prime fra tutte le corsie preferenziali da non usare come spazio di sosta, ‘sport’ molto amato dai nostri concittadini. La ciliegina sulla torta della città ‘polista’ rischia di divenire indigesta. Veramente credono i signori di Palazzo Carafa che quella sarà la chiave di volta per una riduzione del traffico? Veramente credono che i leccesi cambieranno le loro abitudini trasformandosi in entusiasti avventori del tramvai? Certo l’uso di mezzi elettrici serve a ridurre l’emissione di gas nocivi e sappiamo quanto Lecce sia alle prese con i problemi dell’eccesso nell’aria di polveri sottili, aggravate quest’anno da un inverno per niente piovoso, ma c’è da chiedersi se non si poteva giungere allo stesso risultato ampliando la ‘flotta’ delle corriere (è già stato fatto ma con veicoli che sono grandi il doppio di quelli già in circolazione) e avviando parallelamente ad una campagna di responsabilizzazione dei cittadini una severa regolazione dei flussi veicolari in città.
Ma si sa il nostro sindaco e i suoi uomini amano pensare in grande, un pò ‘ufani’ per dirla alla leccese e pensano ad una Lecce europea non partendo dalle sue peculiarità ma immaginandola come una Parigi, una Bruxelles, una Milano(?) lontana dai ritmi ‘meridiani’ che la fanno soavemente indisponibile (ahinoi!) alla rinuncia e al cambiamento.

MM

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12 febbraio 2007

eolica

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10 febbraio 2007

L’Artista Serve

La politica, la poesia e l’arte.

Credo sia sempre opportuno calibrare il passo, valutare l’opportunità delle idee, il loro peso, il loro valore nella pratica. La poesia è il metro. Le parole po-etiche sono la leva di un dichiarare che rende manifesta una necessità. Un bisogno mischiato al desiderio è sempre motore di bellezza.
Pensate se ogni politico avesse la determinazione dell’artista nel suo servire all’altro (!).
Io credo che l’artista ‘serve’, sia ‘servitore’, al servizio! Del suo bisogno-desiderio d’espressione e del bisogno-desiderio della comunità di accogliere i linguaggi e le novità, di contemplare il passato e di trovare soluzioni ai cambiamenti che la vita porta, di poter riflettere sul suo senso, sulle possibilità e di avere malinconia, senso della mancanza e gioia nel trovare.
L’artista serve oggi più che mai, è da qui che può partire un riscatto. Edoardo De Candia diceva che tutto può l’artista, che il mondo ha bisogno dell’arte e della sua forza creatrice. Rigenerante.
C’è un odore intorno insopportabile e le parole sempre più logore, consumate dal troppo ripeterle. C’è bisogno di rieducare alla vita, di trovare un senso ad un cieco ‘vitalismo’ che sembra assediare l’uomo, preso nella morsa del produrre-consumare, che svuota ogni pausa, ogni possibile rallentamento, ogni doverosa rinuncia. C’è bisogno di riannodare i legami con la storia e con la natura soprattutto pensando a cos’è necessario fare per ristabilire un contatto con i valori necessari, con l’essenza di ciò che può ‘salvarci’.
Abbiamo paura, tutti sappiamo cos’è la solitudine, tutti siamo pronti a tirar fuori l’artiglio della difesa per fare l’attacco. Tutti sappiamo che il mondo è sempre più legato, unico nel suo destino.
E’ quasi un epilogo quello che la cronaca ci rappresenta. E allora ? E’ proprio necessario andare alla deriva, a chi è utile?

L’arte col suo agire prefigura. ‘Significa’, dove riflette mancanza, vuoto, segni di crisi.
E’ nella relazione che l’ultimo operare artistico matura i suoi atti, nel tentativo di rifondarla, di colmare ciò che la vita, nell’ ordinario quotidiano, lascia scoperto ed esposto , ciò che la politica, ormai usurata nel suo motivo etico, non riesce più a guidare a governare in una sincera e aperta tensione civica. In questa deriva gli artisti cercano e rifondano la loro pratica definendo uno statuto dell’arte propositivo di modelli non più soltanto estetici. La ricerca della bellezza motiva l’arte nella sua funzione sociale, nel suo divenire strumento di mediazione relazionale. L’artista agisce collocandosi, in piena scienza e coscienza, nel cuore della problematica del proprio tempo per divenire operatore d’allerta, di cambiamento. Lecce, il Salento è sponda di arrivi, accoglie e motiva ispirazioni, desideri d’operare. È un suo segreto carattere che ritorna, viene alla luce. E l’ascolto, il dialogo, l’incontro può farsi opera. Straniero è colui che vuol sapere, chi chiede costruendo assonanze, condivisioni, stesso sguardo. Straniero è colui che racconta e aiuta a guardare. E allora è utile ripercorrere tracce, segnate di pensiero e di atti militanti nel loro affermare tensioni volte alla Cultura e alla Vita. Atti puri, altri, eccentrici ed inconsueti mirati da una osservazione generante, attiva nella lingua e nel desiderio della conoscenza. Di questo noi vogliamo proseguire la tradizione e la ricerca, cercando nel quotidiano, l’ispirazione al pensiero per esercitarlo poeta, interprete nella visione. Civile inoltre ad ogni vincolo. Aperto, possibile leva di mutamento.

mm

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09 febbraio 2007

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02 febbraio 2007

La lentezza


Il 19 febbraio è La giornata della lentezza

Elogio della lentezza

Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. È suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo.
Andare lenti è fermarsi su un lungomare, su una spiaggia, su una scogliera inquinata, su una collina bruciata dall'estate, andare col vento di una barca e zigzagare per andar dritti. Andare lenti è conoscere le mille differenze della propria forma di vita, i nomi degli amici, i colori e le piogge, i giochi e le veglie, le confidenze e le maldicenze.
Andare lenti sono le stazioni intermedie, i capistazione, i bagagli antichi e i gabinetti, la ghiaia e i piccoli giardini, i passaggi a livello con gente che aspetta, un vecchio carro con un giovane cavallo, una scarsità che non si vergogna, una fontana pubblica, una persiana con occhi nascosti all'ombra. Andare lenti è rispettare il tempo, abitarlo con poche cose di grande valore, con noia e nostalgia, con desideri immensi sigillati nel cuore e pronti ad esplodere oppure puntati sul cielo perché stretti da mille interdetti.
[...] Andare lenti vuol dire avere un grande armadio per tutti i sogni, con grandi racconti per piccoli viaggiatori, teatri plaudenti per attori mediocri, vuol dire una corriera stroncata da una salita, il desiderio attraverso gli sguardi, poche parole capaci di vivere nel deserto, la scomparsa della folla variopinta delle merci e il tornar grandi delle cose necessarie. Andare lenti è essere provincia senza disperare, al riparo dalla storia vanitosa, dentro alla meschinità e ai sogni, fuori della scena principale e più vicini a tutti i segreti.
[...] Il pensiero lento offrirà ripari ai profughi del pensiero veloce, quando la macchina inizierà a tremare sempre di più e nessun sapere riuscirà a soffocare il tremito. Il pensiero lento è la più antica costruzione antisismica.
[Franco Cassano, Il pensiero meridiano)

SIDEROFONO RAUCO oggetto sonoro di
  • antonio de luca



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