25 agosto 2009

atto d'amore


[21 agosto, a portu russu. atto e foto: vs]

C'è uno scoglio bellissimo a Badisco, nella 'piega' di Portu Russu. La pietra in alcuni punti si tinge, fa ruggine, come se avesse assorbito la sostanza della terra, cade a picco concedendo piccole terrazze alla sosta. Un'insenatura stretta, che quieta il vento e calma ogni corrente. Giorni fa un grande banco di pesci la riempiva e il fondale sembrava un prato da brucare. Vi lascio immaginare lo scintillio sott'acqua, i guizzi e le manovre repentine che s'aprivano come s'aprono i fuochi d'artificio nei nostri cieli nelle notti dei Santi. Di luoghi così la costa salentina è piena, ognuno con la sua particolarità con la sua intima bellezza. Ognuno, se lo andate a visitare in questi giorni di fine estate, 'ferito' dall'incuranza. Lo scoglio di Portu Russu lo trovate tutto ornato da cicche. L'accanimento del vizio si sa, rende insensibili e molti sono i fumatori in costume da bagno: che cosa c'è di meglio di una “bbella sigaretta” prima e dopo una nuotata? Tanto altro di sicuro! Ma il vizio è vizio, non si governa. E non si governa tutto quanto ne consegue per cui, visto che si è en plain air, che gusto lasciar di sè traccia e via, ogni sigaretta fumata è una cicca abbandonata, da incastonare con cura e dovizia nelle fessure, negli incavi, negli spacchi dello scoglio. Che ossessione!

Una pubblicità in questi giorni è stata veicolata sulle pagine dei maggiori quotidiani, raccontava l'inquinamento di una spiaggia. C'era la sabbia e poi tutto ciò che normalmente, con assoluto 'candore' scegliamo di abbandonarvi, a corredo informativo dell'immagine i tempi di biodegradabilità: un fazzoletto di carta 'scompare' in 4 settimane. Poco no? Confortati?! Continuate a leggere... Ma prima di dare i numeri, voglio informarvi che la piega di scoglio di Portu Russu, è stata con un atto d’amore riportata alla sua integrità e bellezza (vedi la foto). Un atto d’amore che auspichiamo divenga contaggioso e si propaghi, divenendo comportamento comune. Modo del viaggiare e dello stare nei Luoghi. Un quotidiano ci mette 6 settimane mentre una rivista patinata 8 - 10 mesi. Uno sciocco fiammifero 6 mesi, un accendino 100 anni. Un mozzicone di sigaretta 1 anno e più, una sigaretta senza filtro (grazieaddio!) 3 mesi. Un chewing-gum 5 anni. Una lattina di alluminio 10 anni. Un sacchetto di plastica 500 anni e più; stoffa e lana ci mettono dagli 8 ai 10 mesi e orrore il tessuto sintetico 500 anni e più. Una bottiglia di plastica 'resiste' quasi 100 anni. Gli assorbenti e i pannolini 200 anni. Le carte telefoniche 1000 anni mentre il tempo delle bottiglie di vetro è indeterminato. Leggo che il vetro è il materiale più importante da riciclare perché per produrne una tonnellata ci vogliono 1,1 tonnellate di sabbia, soda, calcare e grandi quantità di energia ed acqua. Riciclandolo si risparmia circa il 95% delle risorse utilizzate quale materie prime. E ancora che i bastoncini di cotton fiock che vediamo sulle spiagge sono quelli gettati nei water, che galleggiano nei nostri mari e nei nostri fiumi per anni e fanno soffocare i pesci. I sacchetti di plastica che non vanno in discarica e che finiscono nei nostri corsi d’acqua portano gravi conseguenze agli animali che li abitano che ingerendoli accidentalmente muoiono soffocati. E ancora tanto altro se si cerca in giro la giusta informazione su quanto accade in questo tempo sciagurato!

“Mai più turisti” ho scritto ieri, titolando un corsivo dedicato all'Estate Salentina. Già, “mai più” pensiero suicida per una terra che vuole votarsi all'Industria Turistica. Che tanto apprezzerebbe divenire mèta e mira di tour operator. Si consumano parole, proposizioni, progetti. Si dice 'Turismo Di Qualità' (che fa “chic e very nice”) ma non 'Turismo Sostenibile' o 'Turismo Responsabile'. Si invitano le persone a consumare, consumare, consumare ma non a rispettare l'oggetto e il luogo della loro consumazione. E allora, si può pensare di trasformare questo arrembaggio scomposto e scamiciato in un approdo cosciente e consapevole. C'è differenza fra turista e viaggiatore? Ci sarebbe da riflettere. In quella differenza potremmo trovare la chiave di una politica dell'accogliere non più soggetta alle regole del mercato ma forte della sua virtù e della sua particolarità.
MM

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23 agosto 2009

Come se il rimorso...

Ci vediamo a Melpignano!

Non si dà pace l’amico Fernando! Lo prende un nervoso che lo riempie di macchie rosse. Una reazione allergica che necessita di spiegazioni ‘filosofiche’ per quietarsi. Si danna, per questo Mondo che non riconosce più. Per la sua terra salentina che non riconosce più. Per gli ‘umani’ intorno che non riconosce più.
Mi dice: «Se stanno qui a sentire questa musica che raccomanda memoria, accudimento, legami profondi com’è poi che ti travolgono con il loro desiderio di consumare, consumare, consumare? Se scelgono questo mare, questo paesaggio, questi odori com’è che poi tutto tradiscono con carte, cicche, plastica, vetri e con i loro comportamenti sciatti, irrispettosi, tracotanti?».
Non si dà pace! Vorrebbe gridare, scamiciarsi, urlare. Mai dimentico dell’antica dignità delle cose, nella nostalgia lui trova. Ancora trova, la grande barba del sapiente e la semplicità di sua madre. La camicia bianca del padre e l'odore forte della terra. Anche l'avventura trova con le fughe, curiose di stupore.
Si ferma, l'amico Fernando, vulnerabile e sconfortato, come la sua terra salentina fa silenzio. E ascolta, e guarda preso dai corpi, dai suoni! È più forte di lui! Come se quel ‘rimorso’ di cui tanto ha tanto sentito, letto, sperimentato ora riguardasse non più uno solo, o una, innamorata e persa, ma tanti. Tanti. Lui e tutti quelli intorno. Tutti, proprio tutti, nessuno escluso.

Ci vediamo a Melpignano? È oggi che accade! Torna!
La luna è spicchio in cielo. Tenue falce di luna nuova. Fa nascita, auspicio! Confonde col suo mistero un inteso grigio arancio e il sole, vien giù, sprofonda! Si fa Notte.
Ci vediamo a Melpignano, lì c’è la danza, quella che tutti cercano: quel continuo invocare l’amore… il sapore del sale lo assaggio, con la lingua mi lavo il mare!

‘Nnanana nnanana beddhu è l'amore e ci lu sape fa
ballati tutti quanti e ballati forte...

Ah! la bua!!! Il male, la malattia. Quale l’antitodo? Alla bua, alla bua! Che dire al tormento, al 'non' che prende e tradisce?
«Amate la vostra dignità di uomini anche se chiusa nell’incertezza della carne» raccomanda accogliente l’oracolo Cristoforo.
Ci siamo,
siam giunti, l’Orda d'Oro ci porta, ecco Melpignano.
«La scorgi la Santa Chiesa? La vedi? È la stessa che apre la Taranta di Mingozzi, ricordi? Il tremolare dei titoli in bianco e nero, il testo di Quasimodo che fa il racconto ed una terra remota appare, bianca, secca secca. Una strada, un carretto e le rovine del Tempio. È questo di adesso che vedi dipinto di luci».
Se assaggio i suoni mi viene sapore di sacro – la teoria delle bancarelle, l'odore di nocciole e di zucchero filato – nutre lo spacco del cuore, il solenne d’una banda. Lo inseguo e trovo angeli sospesi alla luce con quelli di ieri senza nome nell'inchiostro della cronaca: angeli neri, persi nel mare, nell’abbandono.
Non c’è sorriso e c’è! Non c’è identità e c’è! Non c’è paura e c’è.

Ogni cosa impasta il suo credo. E lo vedi il terrore mischiato alla gioia. È tutto sul bilico! È questa vertigine la cultura: ogni atto è essenziale. Ogni cosa vale, scrive. Anche ciò che presto si dimentica è prova.
«Non senti i suoni ‘legati con gli spaghi’? Gli stornelli del ringraziamento?». “La ricchezza mia è la sanità” cantano e il vecchio Aloisi ringrazia i medici del reparto di Ortopedia dell’Ospedale di Galatina (di Galatina, dove opera Santu Paulu) che gli hanno permesso di salire sul palco della grande Notte. “Na, e na, e na” le voci alla stisa fanno il graffio e quelle dello spettacolo s’insinuano. “Che vita infamata è stare carcerata per un'eternità” oppure senti “ca se eri l'amante miu nu me tarantava ieu”. Ecco la chiave: se eri l'amante mio... io ero salva. L'amore ancora, il sentire profondo che le evita d'essere tarantata, d'essere posseduta dalla mancanza.
La terra salentina è tarantata adesso, è 'lei' nel cercare. Non ha quiete, non ha passo di danza che possa salvarla, non c'è l'indiavolata del violinista barbiere ad accogliere. Non ci sono più i passetti del perdimento sul damasco di Maria, nell'intimo della casa. Quella rappresentazione, quella tragicità, quella volontà di un oltre di quiete.
Non c'è! Manca! Adesso quel ri-morso, cerchio del dolore, s'è fatto largo, capiente. È festa soltanto. Soltanto festa?

“La patria e l'amicizia è il primo amore”, qualcuno canta dal palco e sulle corde leggere delle mandole e dei violini corre ciò che mischia. «Li senti i nomi?»
Fabrizio, la Fernanda, il maestro Stifani. Anche loro angeli. Custodi del nostro altroculturale. Vogliono che sia sostanza di coraggio. Non è questo la festa? Rinnovamento: osare, sempre vivi, esserci! Cercare quello che non sappiamo, che forse non sapremo mai, ingoiato nei segreti della notte d'ognuno. Mistero di grilli, di cicale addormentate e di stelle, a volte cadenti, a portare desideri, il mai, il forse. La speranza insomma che mai rimorso dovremo avere per il non che manca all'amore.
I minatori di Santa Fiora, l'angelica d'Africa, e la furia di stella Z ci aiutano a rifare la Puglia. Ehi! L'acqua nu la menare, provaci. Proviamoci a salvarla e con lei... il 'ragazzino'!

Lasciato Fernando, rifletto: il repertorio e gli interpreti. Questi gli ingredienti della Notte della Taranta. Un cammino di dodici anni che ha scommesso sulla certezza di crescere. E via via la crescita c'è stata, indubbia, assoluta. Unica, in una scena ormai affollata di eventi che inseguendo confondono, strafanno, senza alcuna economia e chiarezza di orizzonte. Dodici anni. S'invoca il cambiamento. Utile? Forse sì, forse no! Il passo preso dalla ricerca e dagli interpreti dimostra d'essere emancipato e libero da qualsiasi soggezione al suono “solito” della Tradizione. E allora, accordarsi alla ricerca, che muove le produzioni d'ognuno di loro, può essere via da praticare per un rinnovamento sostenibile ed attento all'essenziale.

MM

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