18 gennaio 2008

Ciuf! Ciuf! Ciuuuf!!! Il non tempo a Sud Est!


Da circa due anni per necessità, ma anche con un certo piacere, sono pendolare. Da Campi Salentina a Lecce mi sposto in treno. Costa poco e se ti muovi organizzandoti e con il giusto passo puoi farcela perché c’è una variabile indefinita nell’organizzazione delle Ferrovie Sud Est: il tempo. Fattore essenziale per chi viaggia! Chissà se quando c’era lui… la “littorina” giungeva in orario!
Oggi dovevo essere a Maglie per le dieci e trenta. Ottimo! Da Lecce c’è un treno alle nove e quarantatre, arrivo previsto dieci e diciotto, recita l’orario ferroviario invernale feriale. Alle dieci e zerocinque finalmente si parte. Arrivo a Maglie alle undici. Non tanto male poi! Solo tre quarti d’ora di ritardo per fare pochi chilometri. A bordo le carrozze sono piene, tutti a chiedersi, ma con umiltà e rassegnazione, il perché di questo destino. Vana è ogni logica!
Alla partenza la cosa che si nota è una “gran folla” di macchinisti, controllori, maestranze che si affannano intorno alle gloriose carrozze già protagoniste di una delle migliori pellicole girate nel Salento. Quell’Italian Sud Est che in cuor suo, esaltando il ‘paradosso’ della ferrata salentina, puntava alla sua riconsiderazione ed al suo rilancio. Speranza rimasta tale.
La ferrovia salentina fu anche tema della campagna elettorale del presidente Giovanni Pellegrino, che ‘consumò’ due giorni in viaggio, con cameramen al seguito, verso il sud Salento per saggiare in nuce le qualità di quello che, giustamente, considerava uno strumento essenziale del suo nuovo Salento. La chiave di volta di una stagione di progresso, dove mobilità, turismo e marketing territoriale si sarebbero strettamente coniugati.
Nulla purtroppo è cambiato.
Affidarsi ‘depensando’ è il monito: non aver premura! L’avventura è nello spirito di questo vecchio servizio. Come in sogno lasciarsi trasportare! E’ tutto così “familiare”. Viene il controllore, veste di morbido velluto marron intonato al beige della maglione di lana, solo un budge verde lo identifica. Oltre a bucare il biglietto ti chiede dove sei diretto e ti dice dove scendere per proseguire verso la destinazione. Le ferrovie Sud Est sono organizzate per snodi, come una metropolitana con le sue stazioni di “smistamento”. Novoli, Lecce, Zollino, Maglie. Un ideale sistema di tratte che se accordato nelle coincidenze garantirebbe una agevole mobilità. A guardar bene si scorgono atti di modernizzazione. Il cantiere aperto nella tratta Novoli-Carmiano che costringe a trasbordi su pullman. L’elettrificazione e la costruzione di cavalcavia permetteranno la chiusura di alcuni passaggi a livello, mandando in pensione i casellanti: vera pagina mitica della ‘saga’ ferroviaria! Poi penso: si poteva puntare ad una manutenzione generale delle tratte, al rinnovo del parco macchine avviandoci a velocità di “littorina” alla messa a punto del servizio? A rallentare questo processo c’è anche la vertenza aperta dagli ambientalisti e da alcune amministrazioni comunali sulla nuova tratta da costruire nella Valle della Cupa per collegare la stazione di Carmiano con la sede universitaria di Ecotekne.
Unico sollievo il paesaggio. Scorgi frammenti incantati. Il Salento delle pietre, dei tagli nelle cave. Distese di ulivi e di macchia trattengono odori e ti ammaliano quando sei costretto a lunghe pause in aperta campagna. Quel Salento che nella ferrovia trovò il suo piccolo sviluppo che esportava grandi quantità di patate e di tabacco.
L’uomo in marrone ci dice che la stazione di Zollino è prossima, per Maglie si cambia, si raccomanda: “per scendere aspettate che il treno sia fermo”. Perché ci stavamo muovendo?
A margine si segnala che l’unica stazioncina pienamente recuperata e ammodernata è quella minuscola di Melpignano! Zona franca del Salento. Quando dici la taranta!

MM

[foto: locomotiva FSE 1960]

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14 gennaio 2008

Indiana Jones a Lecce

C’era una volta Lecce.
La Lecce del passato la vediamo, inanimata, in ingrandimenti fotografici che mischiati ai viraggi di stampa portano la nostalgia del Tempo che fu.
Un Tempo fatto di carrozze, di tende a righe che morbide riparavano balconi e mercanzie. Verdurai, erbivendoli, carnezzieri e pescivendoli lanciavano richiami. E poi… barbieri ambulanti lettrici di carte, storpi e mendicanti, monaci cercantini. Un inseguirsi di voci che incrociava destini.
C’era una volta una Piazza Sant’Oronzo senza la buca dell’Anfiteatro, l’ovale era in altra posizione cinto tutto intorno da porticati, il Sedile aveva una torretta con l’orologio. La modernità c’aveva portato l’elettricità e una via ferrata portava la gente a San Cataldo, primo tratto di quel filobus che tarda a partire.
La Storia costruisce le sue stratificazioni e le città son venute su riempiendo i buchi del passato, recuperando pietre per fare il nuovo. L’antico non era un problema. Per un lungo arco di tempo il passato non era contemplato come un bene da tutelare. C’era la passione dell’andare avanti, del crescere, del progredire. Poi in parallelo con lo svuotamento e l’imbarbarimento di senso, del portato valoriale, filosofico, ideologico, l’Occidente riscoprì il fascino delle gesta gloriose delle genti originarie. “Salve Dea Roma! Ti sfavilla in fronte il Sol che nasce sulla nuova storia; fulgida in arme, all'ultimo orizzonte sta la Vittoria” cantò il fascismo nel suo Inno a Roma e via a far “fori”. Si fosse limitato a quest’opera di scavo stile Indiana Jones non ci sarebbe stato problema, ma sappiamo tutti com’è andata a finire. Adesso il nostro vice sindaco ed assessore alla cultura s’appresta a varare un piano di recupero della Lecce sommersa che prevede la valorizzazione delle tracce di storia della città, presenti in gran numero sotto il suolo del capoluogo.
Progetto non nuovo. Rimaniamo tranquilli, in guerra non ci porterà! L’obiettivo dell’On. Poli è quello di completare il progetto da tanti anni perseguito con determinazione: fare Lecce ancora più bella, densa ed orgogliosa delle sue suggestioni.
Sentiamo comunque di doverle dare dei consigli avendo in mente l’infinito tempo impiegato per dare forma a Piazzetta Castromediano. Primo atto di ri-scoperta della Lecce nascosta. Che tale è rimasta a ben guardare, nonostante le grandi finestre che ‘illuse’ si alzano per farcela scorgere.
Peccato che non c’è più la segnaletica descrittiva della ‘meraviglia’ sottostante, installata ai tempi dei lavori di scavo. Quello sì un modo per guardare indietro, per farsi un’idea di ciò che il tempo ha mutato. Una pagina a volte dice molto di più di poche pietre. Quello che del progetto ci convince, più che far fori qui e là, è l’intenzione del recupero e della piena valorizzazione del Parco di Rudiae.
Il museo diffuso a pensarci c’è già: è Lecce stessa. Il problema è mostrarlo, concertarlo tenendo le chiese aperte, i cortili aperti con più frequenza e metodo. Rendendo agibili e traversabili le vestigia dell’anfiteatro, del teatro e del Castello di Carlo V. Il resto potrebbe essere descritto, raccontato da ‘pagine aperte’ e dai racconti delle guide.
Una città che basta a se stessa, Lecce, così com’è se solo ci accorgessimo della sua qualità continuamente tradita e illusa, delle sue necessità minime di cura e di tutela.
Ma questo è un altro discorso!

MM

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