Indiana Jones a Lecce
C’era una volta Lecce.
La Lecce del passato la vediamo, inanimata, in ingrandimenti fotografici che mischiati ai viraggi di stampa portano la nostalgia del Tempo che fu.
Un Tempo fatto di carrozze, di tende a righe che morbide riparavano balconi e mercanzie. Verdurai, erbivendoli, carnezzieri e pescivendoli lanciavano richiami. E poi… barbieri ambulanti lettrici di carte, storpi e mendicanti, monaci cercantini. Un inseguirsi di voci che incrociava destini.
C’era una volta una Piazza Sant’Oronzo senza la buca dell’Anfiteatro, l’ovale era in altra posizione cinto tutto intorno da porticati, il Sedile aveva una torretta con l’orologio. La modernità c’aveva portato l’elettricità e una via ferrata portava la gente a San Cataldo, primo tratto di quel filobus che tarda a partire.
La Storia costruisce le sue stratificazioni e le città son venute su riempiendo i buchi del passato, recuperando pietre per fare il nuovo. L’antico non era un problema. Per un lungo arco di tempo il passato non era contemplato come un bene da tutelare. C’era la passione dell’andare avanti, del crescere, del progredire. Poi in parallelo con lo svuotamento e l’imbarbarimento di senso, del portato valoriale, filosofico, ideologico, l’Occidente riscoprì il fascino delle gesta gloriose delle genti originarie. “Salve Dea Roma! Ti sfavilla in fronte il Sol che nasce sulla nuova storia; fulgida in arme, all'ultimo orizzonte sta la Vittoria” cantò il fascismo nel suo Inno a Roma e via a far “fori”. Si fosse limitato a quest’opera di scavo stile Indiana Jones non ci sarebbe stato problema, ma sappiamo tutti com’è andata a finire. Adesso il nostro vice sindaco ed assessore alla cultura s’appresta a varare un piano di recupero della Lecce sommersa che prevede la valorizzazione delle tracce di storia della città, presenti in gran numero sotto il suolo del capoluogo.
Progetto non nuovo. Rimaniamo tranquilli, in guerra non ci porterà! L’obiettivo dell’On. Poli è quello di completare il progetto da tanti anni perseguito con determinazione: fare Lecce ancora più bella, densa ed orgogliosa delle sue suggestioni.
Sentiamo comunque di doverle dare dei consigli avendo in mente l’infinito tempo impiegato per dare forma a Piazzetta Castromediano. Primo atto di ri-scoperta della Lecce nascosta. Che tale è rimasta a ben guardare, nonostante le grandi finestre che ‘illuse’ si alzano per farcela scorgere.
Peccato che non c’è più la segnaletica descrittiva della ‘meraviglia’ sottostante, installata ai tempi dei lavori di scavo. Quello sì un modo per guardare indietro, per farsi un’idea di ciò che il tempo ha mutato. Una pagina a volte dice molto di più di poche pietre. Quello che del progetto ci convince, più che far fori qui e là, è l’intenzione del recupero e della piena valorizzazione del Parco di Rudiae.
Il museo diffuso a pensarci c’è già: è Lecce stessa. Il problema è mostrarlo, concertarlo tenendo le chiese aperte, i cortili aperti con più frequenza e metodo. Rendendo agibili e traversabili le vestigia dell’anfiteatro, del teatro e del Castello di Carlo V. Il resto potrebbe essere descritto, raccontato da ‘pagine aperte’ e dai racconti delle guide.
Una città che basta a se stessa, Lecce, così com’è se solo ci accorgessimo della sua qualità continuamente tradita e illusa, delle sue necessità minime di cura e di tutela.
Ma questo è un altro discorso!
MM
La Lecce del passato la vediamo, inanimata, in ingrandimenti fotografici che mischiati ai viraggi di stampa portano la nostalgia del Tempo che fu.
Un Tempo fatto di carrozze, di tende a righe che morbide riparavano balconi e mercanzie. Verdurai, erbivendoli, carnezzieri e pescivendoli lanciavano richiami. E poi… barbieri ambulanti lettrici di carte, storpi e mendicanti, monaci cercantini. Un inseguirsi di voci che incrociava destini.
C’era una volta una Piazza Sant’Oronzo senza la buca dell’Anfiteatro, l’ovale era in altra posizione cinto tutto intorno da porticati, il Sedile aveva una torretta con l’orologio. La modernità c’aveva portato l’elettricità e una via ferrata portava la gente a San Cataldo, primo tratto di quel filobus che tarda a partire.
La Storia costruisce le sue stratificazioni e le città son venute su riempiendo i buchi del passato, recuperando pietre per fare il nuovo. L’antico non era un problema. Per un lungo arco di tempo il passato non era contemplato come un bene da tutelare. C’era la passione dell’andare avanti, del crescere, del progredire. Poi in parallelo con lo svuotamento e l’imbarbarimento di senso, del portato valoriale, filosofico, ideologico, l’Occidente riscoprì il fascino delle gesta gloriose delle genti originarie. “Salve Dea Roma! Ti sfavilla in fronte il Sol che nasce sulla nuova storia; fulgida in arme, all'ultimo orizzonte sta la Vittoria” cantò il fascismo nel suo Inno a Roma e via a far “fori”. Si fosse limitato a quest’opera di scavo stile Indiana Jones non ci sarebbe stato problema, ma sappiamo tutti com’è andata a finire. Adesso il nostro vice sindaco ed assessore alla cultura s’appresta a varare un piano di recupero della Lecce sommersa che prevede la valorizzazione delle tracce di storia della città, presenti in gran numero sotto il suolo del capoluogo.
Progetto non nuovo. Rimaniamo tranquilli, in guerra non ci porterà! L’obiettivo dell’On. Poli è quello di completare il progetto da tanti anni perseguito con determinazione: fare Lecce ancora più bella, densa ed orgogliosa delle sue suggestioni.
Sentiamo comunque di doverle dare dei consigli avendo in mente l’infinito tempo impiegato per dare forma a Piazzetta Castromediano. Primo atto di ri-scoperta della Lecce nascosta. Che tale è rimasta a ben guardare, nonostante le grandi finestre che ‘illuse’ si alzano per farcela scorgere.
Peccato che non c’è più la segnaletica descrittiva della ‘meraviglia’ sottostante, installata ai tempi dei lavori di scavo. Quello sì un modo per guardare indietro, per farsi un’idea di ciò che il tempo ha mutato. Una pagina a volte dice molto di più di poche pietre. Quello che del progetto ci convince, più che far fori qui e là, è l’intenzione del recupero e della piena valorizzazione del Parco di Rudiae.
Il museo diffuso a pensarci c’è già: è Lecce stessa. Il problema è mostrarlo, concertarlo tenendo le chiese aperte, i cortili aperti con più frequenza e metodo. Rendendo agibili e traversabili le vestigia dell’anfiteatro, del teatro e del Castello di Carlo V. Il resto potrebbe essere descritto, raccontato da ‘pagine aperte’ e dai racconti delle guide.
Una città che basta a se stessa, Lecce, così com’è se solo ci accorgessimo della sua qualità continuamente tradita e illusa, delle sue necessità minime di cura e di tutela.
Ma questo è un altro discorso!
MM
Etichette: territorio
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