Nada. Ultimo atto.
venerdì cinque gennaio anno duezerozerosette
in treno per civitanova marche, poi montecosaro.
E' qui che leggo le ultime pagine di Nada. Come un cerchio, il libro si chiude così come si è aperto. Gonfio di aspettative, proteso in avanti su di un futuro che sa e può portare cambiamento. Così si apre su una svolta forte, il cambio di città, l'arrivo a Barcellona per studiare, poi corre e scorre veloce scansito da tre parti che portano dentro tre nuovi, non grandissimi, passaggi, cmq importanti per il 'nostro' racconto, ed infine si chiude nuovamente e finalmente, al colmo dell'esasperazione e sull'orlo della follia, con la partenza per Madrid ed una nuova vita. Andrea, la protagonista io narrante, lascia Calle de Aribau dopo un anno di delusa esistenza. Magrissima di fame e povera. Sola. L'unico affetto acquisito a Barcellona sarà quello che la libererà dai legacci della casa di calle de Aribau e la porterà a spostarsi a Madrid.
Scritto nei primi anni '40 del secolo scorso, Nada vince il premio Nadal nel 1944 e si distingue tanto da esser definito dalla critica uno dei migliori romanzi del dopoguerra spagnolo. In Italia ci arriva, ma ora grazie alla borsa di studio vinta dalla una nuova traduttrice Barbara Bertoni alla 'casa del traductor' di Tarazona (Spagna), e grazie anche naturalmente ai tipi di Neri Pozza, torna in commercio con una edizione tutta nuova. Attrazione fatale è stato questo libro in libreria sin dalla sua fisicità sugli scaffali dell'affollatissima e ricchissima Feltrinelli di via Melo (Bari). Bello il titolo, bella l'immagine in copertina, bella la dimensione del volumetto, piccolo e compatto ma non breve, bella la carta tutta. Ora che ho messo lo zampino anche dietro le quinte della vita di un libro, dopo aver passato anni ad occuparmi della sua archiviazione e vendita o della sua raccolta per far nascere biblioteca, ora, dicevo, che sto avendo modo di curarne la genesi (fisica, non sono autrice!), dalla progettazione fino alla stampa di quello che sarà poi il suo 'corpo', ora so bene, ancora meglio di quanto tuttavia avevo già intuito, quanto sia complessa la sua semplicità, la sua eleganza, il suo equilibrio formale. A Bari l'ho preso in mano Nada, l'ho sbirciato e corteggiato. La fila alla cassa era così lunga, nella settimana che precede il Natale, che ho pensato bene di uscire senza acquistare nulla, senza acquistare 'nada'! L'ho fatto mio a Bisceglie, nella libreria Oompa Loompa di Agata Diakoviez dove ero in visita per la mostra della mia amica sorella Teresa. Tutt'altro clima naturalmente! Poi la lettura ha confermato quell'istintivo fiuto. Nada è un libro che corre veloce, è un libro scritto e tradotto benissimo. Benchè a tratti di una tristezza profonda, per le tematiche e le vicende di cui tratta, c'è fame solitudine e follia in questo libro, la scrittura resta sempre fresca e luminosa, lieve come un vapore, avvolgente e capace di restituire più di ogni altra cosa il clima umano ed intimo di Andrea nella Barcellona della sua giovane età. Mi ha stupito la modernità del linguaggio che pesca nel gergo parlato con estrema disinvoltura, cosa cui oggi siamo ben abituati ma nel '40 no, e che descrive eventi e sensazioni con una immediatezza bellissima, senza il filtro spesso inevitabile delle convenzioni del tempo. Questo mi ha dato da pensare. Non so ancora bene se questa è l'esatta cifra dell'autrice, Carmen Laforet, o (più probabilmente?) la differenza tra la nostra cultura e quella spagnola, che senz'altro mi è sempre parsa più brillante nel descrivere l'umanità senza far uso di pregiudizi, filtri e convenzioni. E' così sorprendente seguire il filo del racconto che è imperlato di luminose visioni sul mondo, sull'architettura della città vecchia, sul contesto cittadino e sulla 'fauna umana' che Andrea incontra lungo il suo cammino durato un anno della sua vita condivisa con noi... lettori. L'impressione è quella di avere una presa diretta con il suo pensiero, come se il passaggio in scrittura non avesse minimamente incrinato o intaccato la qualità della visione... L'autrice si è fatta così protagonista indiscussa e geniale della materia che racconta.
Da non perdere direi!
và
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