29 dicembre 2006

Report nella città creativa 5 ::: Il ‘polo salesiano’ :::


E’ probabile che prima delle elezioni comunali di primavera l’amministrazione Poli inauguri le Officine Cantelmo, l’ex fabbrica destinata a diventare ‘student center’. Non riusciamo ad immaginare che cosa significhi. Non riusciamo ancora a presagirne la praticabilità! L’impianto sembra molto bello, legno, vetro, infissi a scomparsa che esaltano le semplici linee di quel che è rimasto del sito originario. Un’operazione di restyling che affinerà quell’idea bruxellese che Adriana Poli persegue: metropolitana di superficie, alberi tosati, aiuole, fiori e tutto ciò che è popolare, etnico, gioiosamente chiassoso nel “fuori le mura” di Settelacquare. Il nostro sindaco, abituato ad anni di Europa, molto spesso scorda la dimensione meridiana di una città che, se pur particolare ed aristocratica, è sempre città del Sud e ne vuole cambiare la natura scordando, come i re, di comunicare il cambiamento, di socializzarlo, di valutarlo, di calibrarlo ai bisogni. Il nostro sindaco decide per suo gusto e convenienza il così si fa! Ma tant’è!
Qualcosa che è veramente ‘student center’, connotando con questa nominazione una strutturazione di servizi ‘culturali’ costruiti ed indirizzati al consumo giovanile della città studi - altra prerogativa leccese - sta nascendo, mettendo idealmente e concretamente in rete una serie di contenitori. C’è un aggregato fatto da virtuosi, che come antichi coloni scelgono “migrare”, allontanandosi dall’annichilimento inconcludente dei grandi spazi del centro storico. Andare in cerca è sempre calibrare nuove opportunità, mettere seme, germogliare per poi crescere e darsi futuro. Qualcosa capita. Processi graduali, aperti alla sperimentazione.
Il polo salesiano di là dalla circonvallazione interna che sino agli anni sessanta era il limine della città, aperto alle campagne che ospitavano campetti e tratturi, delizia di crossisti e pedalatori in cerca di emozioni selvatiche, oggi, dopo un’urbanizzazione che ha allungato la città verso un nuovo limite, si appresta a diventare un richiamo attivo di proposte culturali. L’università con il suo bisogno di spazi vi ha insediato, nelle strutture che la Provincia aveva destinato alla formazione professionale di concerto con la vocazione salesiana di dare mestiere e prospettiva di vita ai ragazzi, una residenza per gli studenti ed alcuni suoi insegnamenti. Ma ancora tanti spazi rimangono vuoti di funzione nell’ex Cnos (centro nazionale opere salesiane).
Il primo creativo a giungere nella cittadella dove, secondo Don Bosco, “l’educazione è un fatto di cuore” è stato Aldo Augieri con il suo “Asfalto Teatro” prendendo in affido un piccolo capannone ed ambientandovi un particolare atelier di costruzione scenica. Da Asfalto sono passate e passano visioni, poetiche e desideri di persone molto diverse tra loro che hanno saputo concertare una lingua comune, un fare che ha dato vita a due notevolissime produzioni. Dimostrazione di come la palestra, l’opportunità del luogo sia la leva essenziale della creazione artistica.
Presto, nella stessa area, prenderà vita un progetto più complesso per aspirazioni ed intensità coinvolgitive, curato da Maurizio Buttazzo dell’Associazione Sud Est, con il sostegno del nuovo Assessorato alla Cultura della Provincia di Lecce. Una manifattura che, mirando al ripristino e alla diffusione di quella cultura dei materiali e del lavoro artigiano che connota la fabbrica leccese della carta e della pietra, dà corpo ad un’iniziativa che mantenendo e rispettando il valore e la storia del luogo ne riconverte l’uso aprendo gli spazi al lavoro creativo, alla progettazione, alla contaminazione. Un’area di scambio esperienziale dove possano connettersi pratiche diverse: dal design, al cinema, dalla scrittura alla comunicazione visuale e performativa. Un grande spazio aperto, officina necessaria di una città che vuole farsi europea e mediterranea.
Al cineteatro “DB d’Essai” (ex Don Bosco), le pareti nel foyer sono diventate di un tenue arancio. Gestito da una cooperativa di giovani nata nel 1995 con lo scopo di riaprire una sala parrocchiale chiusa da innumerevoli anni “con la prospettiva e la convinzione che il Cinema, in una terra di arte e tradizione, di suoni travolgenti e colori accesi, come è il Salento, non possa limitarsi ad essere il passatempo di una serata, ma debba diventare un'esperienza culturale capace di coinvolgere, appassionare, smuovere coscienze e produrre idee. Un piccolo ‘cinematografo’ più che un cinema (direbbe Bertolucci) di prima visione d’essai, spartano, simpatico, coraggioso; senza maschere in divisa o sedili col poggia-pop-corn integrato, ma con valanghe di idee, curiosità, progetti, incontri, dibattiti, recensioni, amici, clienti fedelissimi”, film fantastici selezionati da ‘Circuito Cinema’, organizzazione nazionale che programma più di 100 sale in tutta Italia con film che hanno particolare interesse culturale, e da ‘Centocittà’, iniziativa di Cinecittà Holding spa. Un ambiente aperto all’incontro ed alle novità: di sotto una grande sala laboratorio ospita i corsi di teatro diretti da Ippolito Chiarello, anfitrione del Teatro la Nasca, l’ultima formazione di una scena che mai come in questo momento sembra ricca di iniziative, che qui ha trovato gioiosa ospitalità.
Trasformare i teatri in teatri non è compito facile. Sino ad oggi l’iniziativa teatrale non istituzionale (quell’altra è completamente assente) a Lecce si è mossa sull’invenzione di spazi adibiti e finalizzati a divenire luoghi teatrali. Dalle cantine degli anni settanta (memorabile un Pinocchio allestito da Marcello Primiceri in un grande spazio sotterraneo a due passi dal Paisiello) agli atri dei portoni (il Teatrino degli Impraticabili di Antonio De Carlo in via Cota), ai grandi garage (Astragali, in via Candido), alle fabriche dismesse (Cantieri Teatrali Koreja). Dopo l’Antoniano adesso è la volta del cineteatro salesiano tentare la carta del farsi spazio di spettacolo, di produzione e di ricerca. Teatro a tutto tondo, spazio di accoglienza, di ricerca e di produzione.
Il carnet delle presenze creative è di tutto rispetto. Dicevamo di Ippolito Chiarello, attore di grande talento, oggi impegnato nell’interpretazione di Bartolomeo Vanzetti in un allestimento dedicato ai due anarchici italiani della compagnia il Cerchio di Gesso di Foggia, regista e formatore teatrale, videomaker (vi segnaliamo il bellissimo “Fumo”, un corto con aspirazioni di lungometraggio che Chiarello ha costruito ripercorrendo il ricordo di una suggestiva vicenda d’infanzia). Con lui le attrici Cecilia Maffei e Graziana Arlotta. Il programma dei laboratori è intenso ed articolato. “Arrivano i mostri” rivolto ai ragazzi dagli 8 ai 13 anni; “Fuoriscena” che attraverso la lettura dell’Antologia di Spoon River del poeta americano Edgar Lee Master, avvicina all’arte scenica gli appassionati e con “In scena” li specializza invitandoli ad affrontare la complessità shakespeariana. La particolarità dei laboratori è che tutti sono completati da un’ultima fase residenziale che affina il percorso di produzione prima della messa in scena delle opere.
Iniziative diverse animate da una spontaneità creativa, garanzia di autonomia progettuale che è possibile immaginare intersecata e corrispondente a quel desiderio di una Lecce in grado di armonizzare e valorizzare le sue risorse e le sue qualità anche al di fuori del recinto stucchevole della città d’arte.

MM

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1 Comments:

Blogger vento said...

LECCE CITTA' FINTA.

Ottimo report, caro Mauro, davvero. ti chiederò di pubblicarlo a fine gennaio sul mio giornale. poi spiegherò di persona, se vorrai. Intanto la tua intuizione merita più riflessioni a proposito del villaggio creativo e culturale che prende forma "fuori le vecchie mura". Già, il "villaggio fuori le vecchie mura". Più approfonditamente si potrebbe immaginare di fermarci a riflette sul fenomeno locale (termine ormai indecifrabile, cosa è oggi il locale?), a riflettere, dicevo, sul fenomeno della mutazione, che Alessandro Baricco, per esempio, ha tracciato magistralmente nel suo ultimo saggio pubblicato da Fandango, "I barbari".

Giusto, infatti, osservare cosa accade "dentro" le mura per capire quel che invece vive "fuori" le mura: due mondi paralleli le cui distanza emerge prepotente attraverso dinamiche comunicative fortemente differenziate tra loro. Spiego: sui media locali la provincia sono i "paesi della provincia", territorio "fuori le mura" buono per la mietitura delle notizie di circostanza da somministrare ai "paesani". La stessa cosa in realtà accade a Lecce, in città: La trattazione delle notizie istituzionali dentro le mura è il cuore, i fatti (compresi quelli culturali, ovviamente) che accadono fuori le mura, fuori le vecchie mura, l'appendice. Stagione lirica e sagre. Tra questi due mondi paralleli c'è la traccia inequivocabile della mutazione, ormai quasi genetica. Spiego ancora: l'esercito dei "barbari" che legge, scrive, parla, pensa e fa la spesa dentro le mura del sogno visionario di Bruxell è il vero nucleo (de)generativo meritorio di attenzioni, opinioni e, perché no, chiacchiere. Tutto il resto sociale e culturale, o se vuoi il "fuori le mura sociale e culturale" è semplicemente vario corollario umano periferico. Che agli occhi del popolo dei mutanti è talmente privo di consistenza da apparire indecifrabile, privo di pertinenza con il loro "reale" dentro le mura. Vedi Matrix.

Ancora: la storia della metropolitana di superficie a Lecce è una cosa assai seria. Si è pensato di impalare la città per farla "girare" meglio ma non si è investito un centesimo congiunto sul collegamento con il territorio fuori le mura. Provate ad andare a con un mezzo pubblico a Otranto, che sia estate o inverno. O che so, provate a raggiungere Corsano. E siamo all'assurdo. I turisti arrivano da questi parti anche perché la mancanza di collegamenti renderebbe il territorio più etnico, meno turistico, quindi più reale. Andiamolo a spiegare alla commessa di Corsano che con il mezzo pubblico deve raggiungere tutti i giorni la jeanseria di Maglie.

Lecce città finta, caro Mauro. Lo aveva capito anche Zeman.

Vincenzo De Filippi

11:43  

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