...le poesie in bottiglia
verso il largo
molo del porto di san foca, 12 luglio 2007 ore 17,30
n. 1/10 _ Jorge Luis Borges
I giusti
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire. Chi è contento che sulla terra esista la musica. Chi scopre con piacere una etimologia. Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi. Il ceramista che intuisce un colore e una forma. Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace. Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto. Chi accarezza un animale addormentato. Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto. Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson. Chi preferisce che abbiano ragione gli altri. Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
n. 2/10 _ Costantinos Kavafis
La città
Hai detto: “Per altre terre andrò per altro mare.
Altra città, più amabile di questa, dove
ogni mio sforzo è votato al fallimento
dove il mio cuore come un morto sta sepolto
ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?
Dei lunghi anni, se mi guardo intorno,
della mia vita consumata qui, non vedo
che nere macerie e solitudine e rovina”.
Non troverai altro luogo non troverai altro mare.
La città ti verrà dietro. Andrai vagando
per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.
Imbiancherai in queste stesse case. Sempre
farai capo a questa città. Altrove, non sperare,
non c’è nave non c’è strada per te.
Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto
tu l’hai sciupata su tutta la terra.
n. 3/10 _ Mira Rivieccio
Le donne della mia terra
Le donne della mia terra
Portano nei capelli il profumo del mare
E nel viso un coraggioso sorriso
E l’amaro segreto del pianto.
Le donne della mia terra
Sono dolci distese d’acqua,
che rispecchiano la luna,
ma sanno essere taglienti,
come il vento freddo di tramontana.
Le donne della mia terra
Sussurrano parole,
che posano sulle labbra
il risveglio in un’alba di primavera.
Le donne della mia terra
Hanno nel sangue un mare in tempesta
E nel cuore l’abbandono dell’onda,
quando incontra il suo scoglio.
n. 4/10 _ Kahlil Gibran
Noi misuriamo il tempo sul movimento di innumerevoli soli. Loro invece
misurano il tempo con minuscoli apparecchi in tasche minuscole. Ora ditemi
voi se è mai possibile incontrarci nello stesso posto e alla stessa ora.
n. 5/10 _ Pitza Ghalazi
Prologo
Poiché la poesia
è una piccola finestra privata
che custodisco con semi agguerriti
e pori dilatati.
Poiché in questa finestra
si incarna la Regina, che veglia sul mondo.
Poiché la poesia
è un piccolo fiore selvaggio
nell’umidità della prigione
che fiorisce nelle crepe del cemento, piccolo ribelle.
Poiché la poesia
è un pezzo di cielo dietro una finestra a sbarre,
eredità di legami e libertà suprema.
Poiché la poesia
è la galleria tenebrosa
per passare alla libertà.
Il tirocinio al superamento verso la luminosa trasfigurazione.
Poiché la poesia
è la memoria e la voce della mia generazione fatta a pezzi.
L’ossigeno e il pentotal
nelle ore tenebrose del giudizio.
Poiché la poesia
è la ribellione al servilismo e all’accomodamento
e il grido di guerra.
Il modo di rischiare e di salvarmi.
La conservazione della metempsicosi delle sette vite.
L’acqua magica è lo stupore.
Il fulmine delle cose e l’ala dell’Arcangelo.
Poiché la poesia
è colloquio con gli angeli
e arrotondamento di spada sulla giustizia.
Il viottolo segreto,
l’isolamento e il fidanzamento col mondo.
L’incandescenza delle parole
E il montare cavalli dai piè veloci.
Poiché la poesia
è parole con la linguetta disinnescata.
Vulcanologia,
patologia,
destrezza da giocolieri e meraviglia.
Immunità e ribellione,
e ciò che chiamiamo “contro…”
ma anche l’affermazione del bello.
Poiché la poesia
è presenza e assenza,
radice profonda nel suolo ad alta vetta.
Cucitura del cielo
e ferita aperta, che non si rimargina,
mare che tiene il volto sommerso
e lo fa viaggiare misterioso.
Per questo vivo
scrivendo poesie
in un tempo
in cui una massa di Ifigenie anonime si sacrifica,
in cui le favole sono confitte in croce con chiodi di zingari
e i capomastri murano incessantemente
le donne in ponti instabili.
In cui le patrie si svendono
e le candele dei valorosi si sciolgono.
Per questo mi difendo
scrivendo poesie.
Prendo sulle spalle la sorte della mia generazione,
costruisco trincee
allargando i limiti dell’umana sopportazione.
Poiché la poesia
è un’arca e i poeti viaggiano
soli fin nell’anima, abbracciati a ricordi ed oggetti,
narrando diluvi.
Mantenendo integra l’identità del mio paese
e rendendola più pura.
Parlo una lingua strana
- la mia unica arma -
e mi difendo,
poiché anche la poesia si è ridotta
a questione privata.
n. 6/10 _ Erri De Luca
da una pagina di Bereshit Rabba
Il chiasso di tre cose
va per il mondo sopra oceani, nevi,
terre di siccità e risaie:
e nessuna membrana dell’udito
lo cattura, il chiasso di tre cose.
Il chiasso del sole che va per il cielo,
il chiasso della pioggia
quando il vento la stacca dalle nuvole
e il chiasso dell’anima
da un corpo che la sputa.
n. 7/10 _ Nazim Hikmet
Arrivederci fratello mare
Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.
n. 8/10 _ Pablo Neruda
Dovete ascoltarmi
Io andai cantando errante
tra le uve
d’Europa
e sotto il vento,
sotto il vento in Asia.
Il meglio delle vite
e della vita,
la dolcezza della terra,
la pace pura,
andai raccogliendo, errante
raccogliendo.
Il meglio di una terra
e dell’altra
ho innalzato nella mia bocca
con il mio canto:
la libertà del vento,
la pace tra gli acini.
Sembrano gli uomini
nemici,
ma la stessa notte
li copriva
ed era lo stesso chiarore
quello che li svegliava:
il chiarore del mondo.
Io entrai nelle case quando
mangiavano intorno al tavolo,
tornavano dalle fabbriche,
ridevano o piangevano.
Tutti erano uguali.
Tutti tenevano gli occhi
rivolti alla luce, cercavano
il cammino.
Tutti avevano bocca,
cantavano
rivolti alla primavera.
Tutti.
Per questo
io cercai tra le uve
e il vento
il meglio degli uomini.
Adesso dovete ascoltarmi.
n. 9/10 _ Roberto Piumini
E l’acqua
E l’acqua
fresca nasce
fa ruscelli
scende
casca sui sassi
scroscia
e frusciando
fa il fiume.
E l’acqua
sciolta nuota
nelle valli
e lunga e lenta
larga
silenziosa
luminosa
fa il lago.
E l’acqua
a onde muore
non muore mai
e muore
non muore mai
e muore
mentre immensa
fa il mare.
n. 10/10 _ Emily Dickinson
695
Come se il mare separandosi
svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero
d'un infinito di mari
non visitati da riva –
il mare stesso al mare fosse riva –
questo è l'eternità.
molo del porto di san foca, 12 luglio 2007 ore 17,30
n. 1/10 _ Jorge Luis Borges
I giusti
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire. Chi è contento che sulla terra esista la musica. Chi scopre con piacere una etimologia. Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi. Il ceramista che intuisce un colore e una forma. Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace. Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto. Chi accarezza un animale addormentato. Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto. Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson. Chi preferisce che abbiano ragione gli altri. Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
n. 2/10 _ Costantinos Kavafis
La città
Hai detto: “Per altre terre andrò per altro mare.
Altra città, più amabile di questa, dove
ogni mio sforzo è votato al fallimento
dove il mio cuore come un morto sta sepolto
ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?
Dei lunghi anni, se mi guardo intorno,
della mia vita consumata qui, non vedo
che nere macerie e solitudine e rovina”.
Non troverai altro luogo non troverai altro mare.
La città ti verrà dietro. Andrai vagando
per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.
Imbiancherai in queste stesse case. Sempre
farai capo a questa città. Altrove, non sperare,
non c’è nave non c’è strada per te.
Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto
tu l’hai sciupata su tutta la terra.
n. 3/10 _ Mira Rivieccio
Le donne della mia terra
Le donne della mia terra
Portano nei capelli il profumo del mare
E nel viso un coraggioso sorriso
E l’amaro segreto del pianto.
Le donne della mia terra
Sono dolci distese d’acqua,
che rispecchiano la luna,
ma sanno essere taglienti,
come il vento freddo di tramontana.
Le donne della mia terra
Sussurrano parole,
che posano sulle labbra
il risveglio in un’alba di primavera.
Le donne della mia terra
Hanno nel sangue un mare in tempesta
E nel cuore l’abbandono dell’onda,
quando incontra il suo scoglio.
n. 4/10 _ Kahlil Gibran
Noi misuriamo il tempo sul movimento di innumerevoli soli. Loro invece
misurano il tempo con minuscoli apparecchi in tasche minuscole. Ora ditemi
voi se è mai possibile incontrarci nello stesso posto e alla stessa ora.
n. 5/10 _ Pitza Ghalazi
Prologo
Poiché la poesia
è una piccola finestra privata
che custodisco con semi agguerriti
e pori dilatati.
Poiché in questa finestra
si incarna la Regina, che veglia sul mondo.
Poiché la poesia
è un piccolo fiore selvaggio
nell’umidità della prigione
che fiorisce nelle crepe del cemento, piccolo ribelle.
Poiché la poesia
è un pezzo di cielo dietro una finestra a sbarre,
eredità di legami e libertà suprema.
Poiché la poesia
è la galleria tenebrosa
per passare alla libertà.
Il tirocinio al superamento verso la luminosa trasfigurazione.
Poiché la poesia
è la memoria e la voce della mia generazione fatta a pezzi.
L’ossigeno e il pentotal
nelle ore tenebrose del giudizio.
Poiché la poesia
è la ribellione al servilismo e all’accomodamento
e il grido di guerra.
Il modo di rischiare e di salvarmi.
La conservazione della metempsicosi delle sette vite.
L’acqua magica è lo stupore.
Il fulmine delle cose e l’ala dell’Arcangelo.
Poiché la poesia
è colloquio con gli angeli
e arrotondamento di spada sulla giustizia.
Il viottolo segreto,
l’isolamento e il fidanzamento col mondo.
L’incandescenza delle parole
E il montare cavalli dai piè veloci.
Poiché la poesia
è parole con la linguetta disinnescata.
Vulcanologia,
patologia,
destrezza da giocolieri e meraviglia.
Immunità e ribellione,
e ciò che chiamiamo “contro…”
ma anche l’affermazione del bello.
Poiché la poesia
è presenza e assenza,
radice profonda nel suolo ad alta vetta.
Cucitura del cielo
e ferita aperta, che non si rimargina,
mare che tiene il volto sommerso
e lo fa viaggiare misterioso.
Per questo vivo
scrivendo poesie
in un tempo
in cui una massa di Ifigenie anonime si sacrifica,
in cui le favole sono confitte in croce con chiodi di zingari
e i capomastri murano incessantemente
le donne in ponti instabili.
In cui le patrie si svendono
e le candele dei valorosi si sciolgono.
Per questo mi difendo
scrivendo poesie.
Prendo sulle spalle la sorte della mia generazione,
costruisco trincee
allargando i limiti dell’umana sopportazione.
Poiché la poesia
è un’arca e i poeti viaggiano
soli fin nell’anima, abbracciati a ricordi ed oggetti,
narrando diluvi.
Mantenendo integra l’identità del mio paese
e rendendola più pura.
Parlo una lingua strana
- la mia unica arma -
e mi difendo,
poiché anche la poesia si è ridotta
a questione privata.
n. 6/10 _ Erri De Luca
da una pagina di Bereshit Rabba
Il chiasso di tre cose
va per il mondo sopra oceani, nevi,
terre di siccità e risaie:
e nessuna membrana dell’udito
lo cattura, il chiasso di tre cose.
Il chiasso del sole che va per il cielo,
il chiasso della pioggia
quando il vento la stacca dalle nuvole
e il chiasso dell’anima
da un corpo che la sputa.
n. 7/10 _ Nazim Hikmet
Arrivederci fratello mare
Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.
n. 8/10 _ Pablo Neruda
Dovete ascoltarmi
Io andai cantando errante
tra le uve
d’Europa
e sotto il vento,
sotto il vento in Asia.
Il meglio delle vite
e della vita,
la dolcezza della terra,
la pace pura,
andai raccogliendo, errante
raccogliendo.
Il meglio di una terra
e dell’altra
ho innalzato nella mia bocca
con il mio canto:
la libertà del vento,
la pace tra gli acini.
Sembrano gli uomini
nemici,
ma la stessa notte
li copriva
ed era lo stesso chiarore
quello che li svegliava:
il chiarore del mondo.
Io entrai nelle case quando
mangiavano intorno al tavolo,
tornavano dalle fabbriche,
ridevano o piangevano.
Tutti erano uguali.
Tutti tenevano gli occhi
rivolti alla luce, cercavano
il cammino.
Tutti avevano bocca,
cantavano
rivolti alla primavera.
Tutti.
Per questo
io cercai tra le uve
e il vento
il meglio degli uomini.
Adesso dovete ascoltarmi.
n. 9/10 _ Roberto Piumini
E l’acqua
E l’acqua
fresca nasce
fa ruscelli
scende
casca sui sassi
scroscia
e frusciando
fa il fiume.
E l’acqua
sciolta nuota
nelle valli
e lunga e lenta
larga
silenziosa
luminosa
fa il lago.
E l’acqua
a onde muore
non muore mai
e muore
non muore mai
e muore
mentre immensa
fa il mare.
n. 10/10 _ Emily Dickinson
695
Come se il mare separandosi
svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero
d'un infinito di mari
non visitati da riva –
il mare stesso al mare fosse riva –
questo è l'eternità.
Etichette: cultura, poesia, sguardi, territorio
3 Comments:
Canto e incanto delle parole.
Semplice bellezza della poesia.
un'immagine.
http://img507.imageshack.us/img507/5863/libroig3.jpg
mbè? :-) non la metti nel blog?
è un regalino virtuale...
siggggggggggg
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