Verso il largo: il viaggio dei versi
Fare il verso o dire il verso? È una questione di gusti. Noi, da parte nostra, faremo il verso dicendolo.
Mi presento: sono un iscritto al presidio del libro che opera nell’ambito del laboratorio di lettura: Germinazioni, nato nel Centro Diurno di Lecce. Non dirò il mio nome anagrafico: non sono che una voce fra le altre, tutte ugualmente importanti perché differenti l’una dall’altra, ognuna con la sua inflessione, col suo ritmo, col suo timbro.
Se vorrete, la ascolterete dal vivo sul molo del porto di San Foca la sera di Giovedì 12 Luglio, giovedì prossimo, insomma.
Poi prenderemo il largo su di un barcone di legno, molto simile a quello che usavano i nostri pescatori fino a non molti anni fa. Lo faremo non per rubare qualcosa al mare, ma per donargliela: un carico di versi diversi, (scusate l’intenzionale gioco di parole, a cui non ho saputo resistere) da recitare con la bocca orientata verso l’altra sponda del mare, e così anche col cuore.
E non basta: affideremo alle correnti tante piccole bottiglie di vetro, con tanto di tappi e ceralacca, ognuna delle quali conterrà una poesia di un autore che ha operato e opera affacciato sul Mediterraneo. Abbiamo scelto queste poesie tutti insieme, noi del presidio Germinazioni, riunendoci settimanalmente per leggere ad alta voce i poeti che ci sembravano cantare con i loro versi un messaggio di pace e di speranza. Non è stata un’impresa facile, perché tutti i componimenti che leggevamo si facevano amare: ognuno di essi aveva in sé qualcosa di speciale, una piccola magia, un sogno che sarebbe stato bello donare al mare. Non potendo moltiplicare all’infinito il numero delle bottiglie, abbiamo deciso di leggere ad alta voce sul molo e in barca anche le poesie che non si avventureranno fra le onde.
E anche noi ci affacceremo, timidamente, come è nostra consuetudine, ma senza vergogna sul Mediterraneo. La nostra intenzione comune è quella di stabilire uno scambio ideale, meglio ancora un dialogo, con l’immaginario, ma probabile lettore (chi sarà, un bimbo che cammina sulla riva la mattina presto, con la sua piccola mano in quella di una mamma dalla pelle di colore diverso da quello delle nostre; due innamorati che smettono per un attimo di scambiarsi dolci parole e promesse scritte sulla sabbia in una lingua a noi ignota, per raccogliere quell’oggetto misterioso portato dal mare?). Nel corso dei nostri incontri, ci siamo chiesti se fosse giusto compiere un atto poetico in un mare che, al giorno d’oggi, è costellato di pianto: per molta gente, le acque del Mediterraneo sono sinonimo di conflitto e disperazione, ma questo non deve indurre in noi, che abitiamo in solide case sicure, la tentazione di chiuderci nella nostra cameretta sordi a tutti i richiami della speranza. La poesia è speranza, è desiderio di spezzare attraverso la potenza della parola e del sentimento la catena di sangue e lutti che, purtroppo, tiene avvinto il nostro mondo. Basta guerre! – Cantano i poeti – Basta fragore d’armi e di scarponi chiodati!
Il mare dà e il mare prende, secondo il suo capriccio del momento. Non abbiamo certo la pretesa che anche la nostra voce arrivi dall’altra parte: sarebbe chiedere troppo alle nostre corde vocali! Si tratterà semplicemente di condividere ed assaporare quelle sillabe alate con l’orecchio di chi le ascolterà, e con la lingua che di volta in volta le scandirà; farle nostre prima di affidarle alla salsedine ed al loro destino, per tenerle dentro di noi almeno fino a quando non ci ritorneranno indietro, scolorite e lise, ma arricchite dallo sguardo curioso di chi le avrà raccolte per caso, e le avrà lette semplicemente perché non aveva altro da fare, o proprio per curiosità.
In bocca al lupo, versi che ameremo, con l’augurio di non finire in culo alla balena.
Etichette: cultura, poesia, territorio
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